Intervista a Giovanni Calvaruso

30.04.2013 22:10

 



-Cosa significa per te "talento"?

Il talento è una capacità particolare di fare una determinata cosa. Spesso è una dote naturale e innata,

ce l'hai e basta! Altre volte invece va curato, protetto, cresciuto, difeso e soprattutto il talento da solo non basta per raggiungere i propri obbiettivi, ci vuole tanto altro: dedizione, costanza, lavoro, passione.

 

-Come hai scoperto il tuo?

Non so ancora se ho talento o no! Lo capirò quando avrò finito 31 gradi Kelvin (NDA: il primo film di Giovanni) Ti posso dire come è nata la mia passione: a 12/13 anni mi sono fatto male al ginocchio giocando a calcio (che pensavo, come quasi tutti i ragazzini, potesse essere il mio futuro). Dovendo stare fermo sul divano, ho cominciato a vedere parecchi film e da allora mi sono appassionato, innamorato e ammalato di cinema.

 

-Quanto tempo dedichi al cinema?

Tutto. Per me non è solo un lavoro, è la mia vita in senso stretto, è una questione di vita o di morte etica ed esistenziale. Non potrei fare altro che ciò che sto facendo. Il set poi è come un droga: non ne posso fare a meno e già dopo poche settimane che non lavoro vado letteralmente in astinenza. È un lavoro massacrante, ma più arrivo stanco la sera e più sono soddisfatto! Conosco molta gente che ha mollato dopo solo 1 o 2 film dicendo "ma chi cazzo me lo fa fare?” È passione la mia!

 

-C'è qualcuno che ti incoraggia a seguire questa passione?

Non particolarmente, però sia la mia famiglia sia alcuni miei amici mi hanno sempre sostenuto a differenza di molte altre persone che conosco che mi dicevano "ma chi te lo fa fare? cercati un lavoro sicuro”. Col passare degli anni (quasi) tutti i lavori sono diventati precari e quindi alla fine ho avuto ragione io! Precario o no, almeno faccio un lavoro che mi piace in cui metto tutto me stesso e che mi gratifica tanto!

 

-Pensi che ad Alcamo i talenti siano valorizzati abbastanza?

Assolutamente no. Però penso sia un problema generalizzabile a quasi tutte le cittadine medio-piccole del sud del Paese, quindi spesso per riuscire a fare veramente ciò che vuoi devi andare via, a cercare opportunità.

 

-Cosa si potrebbe fare di più?

È sbagliata la domanda. Non "cosa si potrebbe fare di più" ma "cosa si potrebbe fare"! Non si sta facendo nulla o quasi, e parlo soprattutto a livello istituzionale. La classe dirigente nostrana (e forse è un problema nazionale) è troppo preoccupata a curare il proprio piccolo orticello fatto di interessi personali invece che produrre opere e iniziative culturali significative che restino a lungo. Non parlo per quelli che, come me, vogliono fare cinema, perché per fare cinema devi per forza di cose andare via… ma si potrebbero fare iniziative e centri di aggregazione per le altre arti: musica, pittura, scultura, ecc. Organizzare corsi di formazione reali, non quelli pilotati che non servono a niente! Un Paese che non investe in cultura è un Paese destinato a restare povero! Non basta organizzare di tanto in tanto una mostra o una rassegna di talenti locali per sentirsi a posto.