Intervista a Roberto Campo

30.04.2013 22:33

 

-Cosa significa per te “Talento”?
Talento, che bella parola! Beh, non saprei… più che altro una persona che ha talento è quella che si concentra specificatamente su una cosa ed arriva ad un certo livello di bravura.

 

-Come ti sei avvicinato alla musica?
Ho cominciato per gioco a strimpellare quando avevo circa quattordici anni. Poi sono andato al Blues Festival con Pietro Torchia, il mio grande amore! Nel dopofestival c’era un gruppo che suonava, parlai un po’ con la cantante e le ho detto che avrei voluto imparare a suonare anch’io. Allora lei mi lanciò una sfida dicendomi “Ti do un anno per prepararti!” Dal quel momento cominciai ad ascoltare molta musica (soprattutto Jimi Hendrix) e mi sono innamorato dello strumento e della musica in genere!

-Oltre ad Hendrix c’è qualcuno in particolare che ti ispira?
Jimi Hendrix è sempre stato il mio dio. Poi mi sono avvicinato ai Led Zeppelin e tutto il rock anni ’70 tipo Who, Deep purple… poi ho cominciato con il blues più moderno, mentre prima ascoltavo solo quello anni ’40-’50. In seguito anche Chuck Barry, che è stato l’inventore del rock n’ roll. Adesso invece ascolto molto di più jazz, fusion, Scott Henderson, Jeff Beck nei suoi periodi di fusion e Miles Davis, che è uno dei più grandi musicisti della storia. Insomma, non ascolto soltanto musica chitarristica, ma spazio sui generi di strumenti: jazz da pianoforte, da tromba, Charlie Parker… Mano a mano che conosci più tipi di musica comprendi meglio la stessa. All’inizio il blues ti appare come una musica semplice, che ti arriva come un pugno dritto allo stomaco, è facile da ascoltare, ti dice quello che ti deve dire. Poi ascolti il jazz, che è già più complicato, e ci metti più tempo, inizialmente non lo riesci a capire.

 

-Quanto tempo dedichi alla chitarra?
Prima che mi venisse la tendinite suonavo almeno un’ora al giorno. Adesso la mia mano non ce la fa a resistere così a lungo ma suono ancora ogni giorno quando ho tempo. Mi siedo, strimpello, mi vengono idee e comincio a suonare improvvisando.

-C’è qualcuno in particolare che ti incoraggia?
All’inizio Pietro Torchia. Lui ha iniziato a suonare un po’ prima di me e mi diceva di voler formare un gruppo e far cantare me, anche se io sono negato! Comunque più tardi, quando ti innamori dello strumento, non è tanto qualcuno che ti incoraggia se non te stesso e quel diamine di cervello che ti dice “vai lì”, e non è un’imposizione, è una volontà ferrea. La musica ti dà tante, tantissime cose… anche quando non riesci a fare qualcosa, batti la testa al muro e ti viene voglia di dare fuoco alla chitarra e a te stesso! Ma nonostante quei dieci minuti di difficoltà il giorno dopo ci riproverai perché è una continua lotta!

-Pensi che ad Alcamo i talenti siano valorizzati abbastanza?
Assolutamente no. Ad Alcamo non ci sono spazi dove andare a suonare, né per dipingere ecc. Alcamo è un paesello che comunque ha più o meno tutte cose, i locali ci sono… ma non sono organizzati bene per noi. È difficile suonare, ci sono pochissime iniziative musicali e le poche che ci sono ti lasciano con l’amaro in bocca perché nell’allestimento c’è sempre qualcosa che non va. Da parte del comune mi aspetto che investa di più su eventi simili al blues festival, che un tempo era uno dei più famosi d’Italia, durava cinque serate e c’erano molti più artisti. Qui ad Alcamo sono venuti musicisti di fama mondiale come Robben Ford, un grandissimo innovatore della chitarra blues che dagli anni ’80 ci fa sognare con quella chitarra! Capisco che c’è crisi, ma dovrebbero impegnarsi per darci più spazio organizzando eventi e contest. Inoltre è da sottolineare che ogni volta chiamano il gruppetto emergente di ragazzini a cui piace suonare talmente tanto da farlo anche se non sono pagati. Invece è giusto che negli eventi organizzati paghino gli artisti, non sto parlando di grandi cifre ma ci vuole un minimo di soldi per riconoscere l’impegno e che non è solo per passatempo, è un lavoro e potrebbe essere anche un futuro. Ma se è soltanto uno a lamentarsi non cambierà niente, quindi si continua così.

 

-Nell’ ideale come vorresti il tuo futuro?

Diventare famoso in un gruppo! Non sto parlando di una fama simile a quella dei Led zeppelin, ormai quei tempi sono passati! Oggi pensando a quel tipo di fama mi vengono in mente solo gli U2, che comunque fanno musica per un grande spicchio di gente. Tutti gli altri gruppi che hanno qualcosa di nuovo da dire sono nell’underground, come il teatro degli orrori o Marta sui tubi, che ho visto due volte e sono bravissimi. I Marta sui tubi fanno continuamente live in tutta Italia ma in televisione e in radio non si sentono mai perché non sono abbastanza commerciali! Si può ancora fare qualcosa, ma il mondo della musica è un po’ brutto e difficile perché ti fa fare la fame, almeno così dicono! Nonostante ciò, voglio assolutamente proseguire con la musica e sicuramente lo farò! Ovviamente me ne andrò da qui! In questo posto non ho né spazi né visibilità. Devo lasciare Alcamo per forza. In Italia la musica gira a Milano e tutt’al più a Roma.

-Che consiglio puoi dare a chi vuole intraprendere la tua stessa strada?
Lasciate perdere!